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Integrazione tra Romani e Sabini

Una volta conquistato il Campidoglio, i Sabini devono far fronte al rinnovato impeto delle truppe romane, ansiose di vendetta. Dalla mischia emergono due valorose figure: Mezio Curzio per i Sabini e Osto Ostilio per i Romani. Quest’ultimo però cade sul campo, gettando i compagni nello sconforto; Romolo supplica allora Giove di arrestare la fuga e salvare la città, promettendo in cambio la costruzione di un tempio al dio come “Statore”. I Romani riprendono a combattere e riescono a disarcionare dal cavallo Mezio Curzio; questi precipita quindi in una palude, nell’area che più tardi sarebbe stata occupata dal Foro. A ricordo dell’evento, tale parte del Foro sarà denominata Lacus Curtius. Sostenuto dalle acclamazioni dei Sabini, comunque, Mezio si tira fuori dall’acquitrino e la battaglia riprende nella valle fra Campidoglio e Palatino. Sono le donne sabine che a questo punto imprimono una svolta alle vicende, gettandosi in mezzo alle schiere e supplicando entrambe le parti di porre termine a quella che è divenuta ormai una guerra civile. Gli uomini in lotta, commossi dall’accorato appello, acconsentono alla pace e decidono di fondere le due città. I Sabini si trasferiscono a Roma, dove Tazio diviene re al pari di Romolo. La diarchia così inaugurata prosegue all’insegna della piena concordia, finché un sinistro incidente non spezza la vita del coreggente sabino. Alcuni parenti di Tazio usano violenza contro gli ambasciatori dei Laurentini, e allorché questi domandano giustizia, Tazio non ha la forza di opporsi alle suppliche dei suoi. Perciò, quando il re sabino si reca a Lavinio allo scopo di celebrare un sacrificio, i Laurentini si vendicano uccidendolo12.

Riferimenti interni

Riferimento : F. Tutrone, «L’identità collettiva: cittadino vs. staniero» in Bettini M. (a cura di), Il sapere mitico, Torino, 2021, pp. 72-78.

Fonti
  1. Livio, 1, 12-14
  2. vedi sez. VIIIB.2

Bibliografia

R. Brown, Livy's Sabine Women and the Ideal of Concordia, « Transactions of the American Philological Association » 125 (1995), pp. 291-319.

E. Dench, Romulus’ Asylum: Roman Identities from the Age of Alexander to the Age of Hadrian, Oxford, Oxford University Press, 2005.

G. D. Farney, Ethnic identity and aristocratic competition in Republican Rome, Cambridge, Cambridge University Press, 2007.

J. McInerney (ed.), A Companion to Ethnicity in the Ancient Mediterranean, Chichester, Wiley Blackwell, 2014.

G. B. Miles, The First Roman Marriage and the Theft of the Sabine Women, in R. Hexter, D. Selden (ed.), Innovations in Antiquity, London-New York, Routledge, 1992, pp. 161-96.

Commento

Il fiero popolo della Sabina appare come un nucleo comunitario “altro”, aggressivo e in relazione di ostilità con i primi Romani, eppure la sua diversità non è irriducibile, anzi è caratterizzata da tratti che i Romani vorranno assimilare. I Sabini infatti appaiono dotati di ammirevoli qualità etico-civili, a cominciare da quell’intransigenza morale che diverrà nel tempo, quando romani e sabini finiranno per integrarsi, un tratto fondante dell’identità delle élites romane.
All’opposto della virgo romana Tarpea (vd. mito Tarpea), le donne sabine rapite dai Romani e rese loro spose, possiedono i tratti necessari a trasformare una reciprocità violenta fra linee maschili in un’alleanza funzionale, un conflitto fra estranei in un’integrazione. Il mito del loro intervento pacificatore durante la guerra fra i Sabini capeggiati da Tito Tazio e i Romani codifica positivamente per l’elemento elemento femminile mobile (la donna « rapita » dall’estraneo) il ruolo di « collante » sociale e motore di integrazione.
Miti come quello delle donne sabine, di Tazio e di Tarpea mostrano il groviglio di memorie culturali fiorito dall’incontro fra Romani e Sabini: quando due culture
si trovano a contatto, si fronteggiano e poi si integrano,
l’eredità trasmessa ai posteri è inevitabilmente il frutto di
una complessa negoziazione. Della loro unione con il popolo sabino, i Romani serbano un ricordo ricco di emozioni contrastanti: dall’apprensione all’ostilità, dallo sgomento per la frode alla collaborazione concorde. Un vademecum di tratti, atteggiamenti e strategie variamente replicato nella storia futura della città.

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