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Morte di Tullo Ostilio

Sotto il regno di Tullo Ostilio, a Roma, scoppia una grave pestilenza, che finisce per colpire lo stesso sovrano. Così proprio lui, che aveva sempre ritenuto indegne di un re le pratiche religiose, d’un tratto divenne schiavo di ogni genere di superstizione. Tutti sapevano che per ottenere la salvezza di quei corpi malati era opportuno invocare l’aiuto degli dèi seguendo le prescrizioni di Numa. E così il re in persona si mise a consultare i libri di Numa, alla ricerca disperata di un rimedio sicuro al suo male. Dopo attenta lettura, trovò in quei libri la descrizione dei sacrifici in onore di Giove Elicio e si ritirò in solitudine nella reggia sul Celio, per compiere quel rito da solo, di nascosto da tutti. Ma stava sbagliando ogni cosa: non solo celebrava per se stesso riti pattuiti da Giove e Numa per il bene collettivo, ma non rispettava neppure il Coretto svolgimento della pratica rituale. E allora Giove, irato per tanta tracotanza ed esasperato dall’irregolarità del rito, fulminò il re e lo incenerì insieme alla sua casa1.

Riferimenti interni

Riferimento : M. Biancucci, «La morte» in Bettini M. (a cura di), Il sapere mitico, Torino, 2021, pp. 38-43.

Fonti
  1. Livio, 1, 31, 8

Bibliografia

L. Ferro e M. Monteleone, Miti romani, Torino, Einaudi, 2010, pp.183-185.

Commento

L’episodio della morte di Tullo Ostilio dimostra quanto sia controproducente cedere alla paura del giorno estremo. Il desiderio disperato di trovare un rimedio contro la morte non fa che esasperare la tracotanza che ha contrassegnato il re nell’esercizio del potere, fino al punto di offuscarne la mente.
Non è
solo l’imperizia di un re disavvezzo alle pratiche religiose a determinare
il disastro, ma è soprattutto il rifiuto della malattia
e della morte che rende il re sottomesso alla superstizione e gli
toglie il lume della ragione. È, dunque, per la disperata paura
della fine che Tullo Ostilio perde la vita.

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