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Cassandra, una straniera alla reggia di Argo

Argo. Reggia degli Atridi. Clitennestra accoglie Agamennone al ritorno da Troia. Disperata per l’uccisione della figlia Ifigenia, la regina ha segretamente preparato l’omicidio del marito e della sua concubina Cassandra, figlia di Priamo e sacerdotessa di Apollo, che Agamennone ha portato come bottino da Troia. Clitennestra dissimula i suoi propositi e dispone per l’eroe un’accoglienza fastosa. Agamennone prega la moglie di voler accogliere Cassandra in casa, perciò Clitennestra le si rivolge invitandola a scendere dal carro e a sopportare la sua condizione di schiavitù. Ma Cassandra resta ferma sul carro, in silenzio. Clitennestra e con lei il coro degli anziani di Argo credono che la donna non reagisca perché non capisce il greco: la regina allora rientra in casa, irritata dall’atteggiamento apparentemente superbo della profetessa; il coro invece esprime pietà per la prigioniera. A un certo punto Cassandra si alza e si muove verso la reggia, intonando un lungo grido inarticolato e invocando Apollo. Con parole oscure e nel mezzo dello stupore generale profetizza tutto quanto sta per succedere, ovvero la sua morte e quella di Agamennone per mano di Clitennestra, ma anche le successive disgrazie che colpiranno la discendenza degli Atridi1.

Riferimenti interni

Riferimento : A. Angelini, «L’identità collettiva : i Greci e gli altri» in Bettini M. (a cura di), Il sapere mitico, Torino, 2021, pp. 58-66.

Fonti
  1. Eschilo, Agam. 1035-1295

Bibliografia

E. Hall, Inventing the Barbarian. Greek self-definition through tragedy, Clarendon Press, Oxford, 1989.

M. Sassi, I barbari, in M. Vegetti (ed.), Il sapere degli antichi, Bollati-Boringhieri, Torino, 1985, pp. 262-278.

Commento

Un’identità « ellenica » che accomunasse le numerose etnie di cui si componeva l’insieme delle città-stato venne elaborata dai Greci anche attraverso il mito. Importanti sono in questo senso i racconti che mettono in scena un confronto fra i Greci e gli « altri », stranieri ritenuti portatori di valori e tradizioni diverse.
Talvolta lo straniero era definito in senso deteriore, come « colui/colei che balbetta » (bárbaros), che cioè non sa esprimersi correttamente nel codice greco. Questa parola, originariamente riferita al solo aspetto dell’incomunicabilità linguistica, dopo le vittorie dei Greci sui Persiani va a definire lo straniero (soprattutto l’orientale) come « estraneo » al mondo della polis e ai suoi valori, percepiti come superiori (etnocentrismo).
La figura della principessa troiana Cassandra, nella versione che Eschilo elabora del mito nella tragedia Agamennone, ci fornisce alcune informazioni su come i Greci costruivano il carattere, le attitudini e il linguaggio dei popoli barbari in opposizione ai propri.
Cassandra tace. Forse perché, da barbara, non sa articolare parole in greco (si chiedono i personaggi in scena) ? se aprisse bocca, emetterebbe forse suoni incomprensibili, come quelli di un animale. Clitemnestra, da parte sua, prende tale atteggiamento per arroganza, incapacità di accettare la nuova condizione di servitù, normale destino di chi proviene da una città conquistata. Fra le due donne l’incomunicabilità è totale.
In realtà, quando finalmente decide di parlare, Cassandra mostra di saper parlare greco : ma a quel punto sono le cose che dice a rimanere oscure ai suoi interlocutori, perché proferite da un’indovina, direttamente ispirata dalla divinità.
Il personaggio di Cassandra è costruito come summa di tratti dell’alterità rispetto all’uomo greco di condizione libera: non solo è straniera, ma è anche donna e schiava. A questi elementi di estranerità si aggiunge il possesso dell'arte profetica: non si tratta solo di una straniera che si esprime in modo incomprensibile, ma anche di un'indovina, che è già a conoscenza del proprio destino, nonché di tutto ciò che attende la casata degli Atridi
Tale elemento conferisce un segno ancora diverso all’incomunicabilità fra i personaggi in scena : l’oscurità del linguaggio di Cassandra non è un’inabilità
linguistica, ma una sovradensità di contenuti
propria del linguaggio oracolare, di chiara matrice divina.

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