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Miti

Nascita degli Sparti

Alla vana ricerca della sorella Europa, Cadmo riceve da Apollo l’ordine di prendere come guida una vacca e fondare una città là dove questa si fosse fermata. Viene così fondata la Cadmea. Volendo sacrificare la vacca ad Atena, l’eroe invia alcuni suoi compagni ad attingere acqua alla fonte di Ares, ma la maggior parte di costoro è sterminata da un serpente posto a custodia del luogo. Cadmo, adirato, uccide a sua volta l’animale e su consiglio di Atena o di Ares semina i denti serpentini. Da questi spuntano dalla terra degli uomini armati, gli Sparti, che iniziano a combattere tra loro e si uccidono a vicenda. Allo scontro sopravvivono cinque Sparti, dai quali discendono le principali famiglie dell’aristocrazia tebana1.

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Nascita di Orione

Irieo vive a Tanagra e non può procreare. Un giorno accoglie nella propria casa Zeus, Hermes e Poseidone. I tre immortali, per ricompensare l’uomo dell’ospitalità ricevuta, s’impegnano a esaudire il suo massimo desiderio. Irieo chiede un figlio. Allora gli dèi prendono la pelle del bue o del toro che era stato loro sacrificato, la 'inseminano' (apespermenan), poi ingiungono a Irieo di interrarla e di recuperarla dopo dieci mesi. Al compiersi di questo tempo nasce Urione, così denominato dall’atto di urinare (to ouresai) nella pelle bovina compiuto dalla triade divina, nome che poi si muterà in quello di Orione con il quale il personaggio sarà comunemente noto1.

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Nascita di Elena

Leda è moglie del re di Sparta Tindaro, padre mortale di Elena, nella cui casa la ragazza viene allevata. Tuttavia, un'altra tradizione riconosce in Zeus il genitore divino dell’eroina: sotto le mentite spoglie di un cigno il Cronide vola presso Leda e ottiene con l’inganno l’incontro amoroso1. Secondo alcuni la donna, nella medesima notte in cui ha luogo l’unione con il dio, copula con il consorte mortale2. Il frutto di queste unioni ravvicinate con i due amanti è plurimo: i gemelli Castore e Polluce, Elena e Clitennestra. Leda, per di più, partorisce un uovo, che si schiude subito oppure in un secondo momento, dopo che la donna lo ha deposto in una cassa3. In un’altra versione, invece, madre di Elena è Nemesi: costei tenta una sequela di metamorfosi per evitare l’amplesso con Zeus, finché l’unione avviene quando i due personaggi hanno entrambi la forma di un’oca4.

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Nascita di Asclepio

La tessala Coronide è incinta di Apollo, ma accetta di unirsi con uno straniero d’Arcadia, Ischi. Apollo, scoperta la tresca, non tollera che nel grembo dell’eroina il puro seme divino si mescoli con quello di un mortale e invoca la sorella Artemide, la quale balza nella stanza di Coronide per colpirla con il micidiale arco. Ma l’eroina è ancora gravida e il dio non può permettere che la sua discendenza perisca; perciò, quando vengono celebrate le esequie di Coronide, si lancia verso la pira funebre e strappa dal ventre della donna il piccolo Asclepio. Il bambino viene poi condotto sul Pelio, dove è affidato alle cure del Centauro Chirone1.

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Nascita di Silvio

Ascanio, figlio di Enea, fondò sulle falde del monte Albano la città di Alba Longa. Il regno toccò poi al figlio Silvio, il cui nome si doveva al fatto di essere nato casualmente nei boschi (silvae). Secondo una variante del mito, dopo la morte di Enea, Lavinia fu presa dal timore che Ascanio volesse estromettere il figlio di Enea, del quale era incinta; cercò allora rifugio presso Tirreno, un guardiano di porci, e questi la nascose in una capanna situata nel mezzo di una fitta boscaglia. Quando il bambino venne alla luce, Tirreno lo allevò e gli diede il nome di Silvio, per il fatto che era nato nella selva1. L’appellativo di "Silvio" fu portato da quel momento da tutti i re di Alba Longa.

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Concepimento e nascita di Servio Tullio

Un giorno la serva Ocresia stava svolgendo alcuni riti nella reggia di Tarquinio insieme alla regina Tanaquilla e mentre, come di consueto, versava vino sull’altare, ecco apparire dal focolare un membro virile. Tanaquilla le ordinò allora di sedere presso il focolare e lì fu concepito Servio Tullio, che per questo venne considerato figlio del dio del fuoco Vulcano1.

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Nascita di Ceculo

A Preneste, non lontano da Roma, vi erano due fratelli chiamati divi. Un giorno la loro sorella, mentre sedeva presso il focolare, fu resa gravida da una scintilla e diede alla luce un bambino, che poco dopo abbandonò vicino al tempio di Giove. In seguito, alcune fanciulle che andavano a raccogliere l’acqua lo trovarono accanto al fuoco; per questo il bambino fu considerato figlio di Vulcano. Inoltre, venne chiamato Ceculo (Piccolo cieco) perché a causa del fumo i suoi occhi erano più piccoli del normale1.

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Romolo e Remo "figli del focolare"

Un giorno nel focolare della reggia di Alba Longa apparve un membro virile. Consultato l’oracolo, il re Tarchezio apprese che una vergine doveva congiungersi con quel fallo per dare alla luce un bambino destinato a distinguersi per valore, fortuna e forza. Allora il re ordinò alla figlia di unirsi al fallo, però questa mandò al suo posto una schiava; quando venne a sapere la verità, Tarchezio condannò a morte le due fanciulle, ma la dea Vesta gli apparve in sogno vietandogli di ucciderle. Il re le fece allora imprigionare e ordinò loro di tessere una tela, al termine della quale le avrebbe fatte sposare. Si trattava in realtà di un inganno: di notte la tela, per ordine di Tarchezio, veniva disfatta. Intanto la serva che si era unita al fallo generò due gemelli (Romolo e Remo), che il re consegnò a un certo Terazio perché li uccidesse. L’uomo li espose presso un fiume dove furono allattati da una lupa e nutriti da uccelli di ogni tipo. In seguito, furono trovati da un pastore che li portò con sé e li allevò. Divenuti adulti, i gemelli assalirono Tarchezio e lo sconfissero1.

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Nascita di Scipione

Giunto negli Inferi, Scipione incontra l’ombra della madre Pomponia, la quale svela al figlio l’arcano della sua nascita: un giorno, approfittando del suo sonno, Giove l’aveva posseduta con l’inganno, assumendo le sembianze di un serpente. Il suo rammarico più grande era quello di esser morta subito dopo il parto portando con sé questo segreto1.

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Nascita di Antonino Diadumeno

Talora accade che i neonati siano contrassegnati da un berretto naturale che le ostetriche sono pronte a rubare per venderlo agli avvocati creduloni. Pare, infatti, che gli uomini di legge ne traggano giovamento. A questo bambino accadde però una cosa singolare: al posto del berretto aveva un diadema sottile, ma così forte che non si riusciva a romperlo perché tenuto assieme da nervi che sembravano quelli che tendono gli archi. Per questa ragione il bambino fu chiamato Diademato, ma, una volta cresciuto, ricevette il nome dell’avo materno, Diadumeno, che non è poi così lontano da quel segno del diadema1.

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