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Anna Perenna sfama la plebe

Quando la plebe si rifugia sul monte Sacro e il cibo inizia a scarseggiare, una vecchia di nome Anna, povera ma di grande alacrità, si mette a preparare con mano tremante delle focacce rustiche che, ogni mattino, distribuisce fumanti al popolo. La plebe è così riconoscente alla sua generosità, che, ritornata la pace, le dedicò una statua in ricordo dell’aiuto che quella aveva portato loro1.

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Anna Perenna e Marte

Grazie alla generosità con cui aveva portato aiuto alla plebe, Anna è trasformata in una dea. Marte, che freme d’amore per Minerva, chiede all’anziana il suo aiuto come ruffiana: di sicuro avrebbe accettato, pensava il dio; era pur sempre una vecchia e alle vecchie si addice tale ruolo. In effetti Anna non rifiuta, ma si burla del dio travestendosi da Minerva: è proprio in ricordo di questa burla che nella festa di Anna Perenna le fanciulle intonano canti osceni1.

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Divinizzazione di Anna Perenna

Fuggita da Cartagine, in mano ormai al nemico Iarba, Anna si ritrova dopo un lungo peregrinare nel Lazio, dove Enea ha ereditato il regno di Latino. Commosso nel vederla, l’eroe accoglie Anna con grande affabilità, tanto da suscitare la gelosia della moglie Lavinia, che inizia a tramare insidie contro di lei. Avvertita in sogno da Didone, Anna balza dal letto e fugge atterrita dalla reggia. La sua corsa, però, si arresta presso la riva del fiume Numicio: si crede, infatti, che il fiume stesso l’abbia afferrata celandola nelle sue onde. Il giorno dopo Enea va alla ricerca di Anna, seguendone le tracce fino al fiume, e qui ode una voce: «Sono una ninfa del fiume Numicio: celata nell’onda perenne, mi chiamo Anna Perenna»1.

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