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Miti

Morte di Palinuro

Era una notte serena e il mare era calmo. Per la flotta di Enea giunta quasi a metà del tragitto si presentava il momento opportuno per riposare. Solo il timoniere Palinuro restava vigile e saldo sul timone, quand’ecco il dio Sonno scendere dal cielo per recare mesti sogni all’innocente nocchiero. Si presenta a lui sotto le false spoglie di Forbante e lo invita a darsi al riposo come gli altri, approfittando della calma della notte. Ma Palinuro non cede, restando con le mani fisse al timone e gli occhi al cielo stellato. Allora il dio scrolla sulle sue tempie un ramo intriso di rugiada del Lete, infondendogli un pesante sopore. Quell’inaspettato riposo rende languido il suo corpo al punto da farlo precipitare in mare1.

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Morte di Miseno

Prima di accedere al regno dei morti, Enea riceve dalla Sibilla un’importante prescrizione: avrebbe dovuto dare sepoltura al cadavere di un amico che contaminava la flotta; solo allora sarebbe potuto entrare nei domini inaccessibili ai vivi. Si tratta di Miseno, colpito da una morte non degna di lui: egli era figlio del dio Eolo ed esperto nel suono della tromba, con il quale era solito infiammare il valore dei guerrieri. Dopo la morte del suo compagno Ettore, si era unito a Enea. Un giorno, però, mentre con una sola conchiglia faceva risuonare la distesa marina sfidando, folle, le divinità, venne afferrato da Tritone che indispettito lo sommerse tra gli scogli1.

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Caducità della vita: il cadavere di Lica

Scampati al naufragio della barca sulla quale viaggiavano, Encolpio, Gitone ed Eumolpo scorgono un cadavere trascinato dalla corrente sulla spiaggia. Turbato da quella visione, Encolpio rivolse gli occhi umidi a quel mare traditore e disse: «Quest’uomo da qualche parte ha una moglie che lo aspetta, o un figlio o un padre che nulla sanno della sua infelice sorte: di certo il giorno della partenza ha salutato qualcuno, credendo di rivederlo. Ecco come vanno a finire i progetti degli esseri umani!». Encolpio era certo che si trattasse di uno sconosciuto e invece, poco dopo, riconobbe il volto di quello che fino a poco tempo prima era stato il tremendo Lica. A quel punto il giovane, tra le lacrime, esclama: «Dov’è finita la tua tracotanza, Lica? Ma guardati: poco fa ti vantavi delle tue ricchezze, mentre ora giaci in balia dei pesci, e della tua nave non resta neppure una tavola. E voi mortali, che vi riempite la testa di progetti e accumulate beni, guardatelo questo qui che fino a ieri contava tutta la sua roba e già si vedeva di ritorno dal viaggio. È proprio vero: chi combatte è tradito dalle armi; chi fa voti agli dei vede crollarsi la casa; chi per la fretta si butta su un cocchio finisce che cade e ci lascia la pelle… Tirate le somme, il naufragio arriva dovunque! Comunque il corpo è destinato a morire; qualunque cosa accada, la fine è uguale per tutti»1.

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